EBRAISMO
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EBRAISMO PRINCIPI ISPIRATORI

Intellettuali ebrei francesi (1973 ; 2001) - Dossier sul Cristianesimo

  1. Le circostanze. Nel corso del 1968, l’episcopato francese aveva chiesto all’allora gran rabbino di Francia, Jacob Kaplan, un documento sul modo in cui l’ebraismo percepisce il cristianesimo. Il gran rabbino Kaplan incaricò il presidente della commissione dottrinale del rabbinato francese Charles Touati di preparare, in collaborazione con alcune personalità ebree francesi, questo documento. Il rabbinato francese, riunito nel suo congresso annuale, ratificò le candidature di Emanuel Lévinas, a quel tempo professore all’Università di Paris-Nanterre, e di George Vajda, dal 1936 al 1960 professore al seminario israelita di Francia e all’epoca direttore della École pratique des Haute études.
    Costituita la commissione di esperti, Lévinas, Vajda e Touati si riunirono nel maggio 1968 nei locali dei concistori di via Saint-Georges 17, Paris 9° e si misero al lavoro.

  2. Questioni preliminari. La commissione si accordò sui seguenti punti:
    • Il dossier raccolto sarà inviato al solo «rabbinato francese», vale a dire ai rabbini diplomati presso il seminario israelita, aggregati a un concistoro in Francia e nei paesi francofoni, membri dell’Assemblea generale dei rabbini francesi, in conformità agli statuti di questa istituzione; non sarà inviato a nessun altro settore dell’ebraismo.
    • Il dossier conterrà soltanto i testi di opere e maestri unanimemente riconosciuti come autorità in tutto l’ebraismo: opzione che esclude tutte le opere e i testi di pensatori ebrei apparsi dopo la frantumazione dell’ebraismo in molte denominazioni avvenuta a partire dall’emancipazione.
    • La commissione è ben consapevole che nell’ebraismo si possono trovare dei testi che contraddicono quelli da essa scelti, allo stesso modo in cui nel cristianesimo si possono trovare dei testi ostili agli ebrei; ritiene però che i testi scelti rappresentano quelli più in conformità con lo spirito dell’ebraismo e i più in sintonia con lo spirito dei fedeli nelle sue sinagoghe.
    • La commissione attira l’attenzione sul fatto che quasi sempre i testi da essa scelti s’attagliano sia al cristianesimo sia all’islam, tra i quali l’ebraismo fa poche distinzioni.
    • Il dossier doveva essere solo preparatorio a una solenne dichiarazione basata su di esso e stesa nella forma appropriata; non andava perciò ripreso alla lettera.

  3. La redazione. I membri della commissione proposero ciascuno un certo numero di testi che furono a lungo esaminati. Dopo un’ampia discussione, essi adottarono all’unanimità quelli presenti nel documento, e incaricaricarono il rabbino Charles Touati della redazione del documento di cui avrebbero ricevuto una copia a cui dare la loro approvazione.

  4. La procedura. L’assemblea generale del rabbinato francese aveva deciso che una copia del dossier sarebbe stata distribuita a ciascun rabbino e che ci si sarebbe pronunciati al riguardo in una successiva sessione. Così fu fatto dieci anni dopo. Nel 1978, il gran rabbino Jacob Kaplan iscrisse all’ordine del giorno del congresso rabbinico la discussione del dossier predisposto dalla commissione degli esperti. Dopo l’esposizione delle ragioni che condussero all’elaborazione del dossier e l’esposizione orale dei suoi contenuti da parte del portavoce Touati, vi fu un dibattito molto burrascoso e fu deciso di ritirare il dossier, che rimase dunque un documento privato.

  5. La presente pubblicazione. Oggi trent’anni dopo la redazione del dossier, essendo nel frattempo deceduti sia Georges Vajda sia Emmanuel Lévinas e fattesi più numerose e pressanti le domande di accedere al dossier, è apparso opportuno diffonderlo a titolo di documento puramente storico e prezioso appunto nella sua qualità di opera a cui hanno collaborato due personalità che, a titolo diverso, hanno dato lustro all’ebraismo francese.
    Qui di seguto trascriviamo senza alcuna modifica il documento per esteso nella sua veste originale.

  6. Il cristianesimo nella teologia ebraica.

    Dossier elaborato dalla commissione di esperti designata del Gran Rabbino di Francia e costituita da Lévinas, Touati e Vajda.



    1. Si poteva evitare di rigettare il cristianesimo. Si coglie un certo rammarico nel famoso aneddoto del Talmud Babilonese, Sanhedrin, 107b Sotà, 47° (testi eliminati dalla censura cristiana, ma che si trovano nelle Chesronot Hashas e nell’edizione del trattato di Sanhedrin curata da Adin Steinsalz), in cui una baraita(1) annuncia quanto segue: «Che sempre la tua mano sinistra respinga ma la tua mano destra ravvicini, contrariamente a quanto fece Eliseo che respinse Ghecazi(2) con le due mani o Jehpshua b. Perachja che respinse Gesù con le due mani».
    2. I cristiani non sono idolatri; adorano Dio che ha creato il mondo e condividono con gli ebrei un certo numero di credenze. I testi sono numerosi. Citiamo innanzi tutto Tosafot(3) Bekhorot, 2b, s.v. shemma:«[i cristiani] giurano sul nome dei santi che essi non scambiano per divinità. Per quanto menzionino il nome divino pensando a Gesù, essi non invocano mai gli idoli: inoltre il loro pensiero è rivolto verso il Dio creatore del cielo e della terra. Per quanto, allorché li si fa giurare, associno il nome di Dio a qualcos’altro, non si trasgredisce con ciò la proibizione lifne ‘iwwar lo titten mikhshol,(4) perché l’”associazione” (shittuf) non è stata vietata ai Noachidi. Cf. ugualmente Tosafot, Sanhedrin, 63b, s.v. asur: «i non ebrei tra noi siamo sicuri che non sono idolatri» (i testi della Tosafot sono stati ugualmente censurati; ci basiamo sui manoscritti e sulle antiche edizioni; vedi Urback,Ba’lè ha-tosafot, pp.59-60). Rabbenu Menachem ha-Meiri,(5) nei suoi commenti al Talmud, insiste sempre sul fatto che le leggi talmudiche che colpiscono i pagani non riguardano né i cristiani né i musulmani, che egli qualifica come ummot ha-gedurot be-darkhè ha dator (nazioni rette da norme religiose); vedi tra gli altri il suo Commento ad Avodà Zara, ed. Schreiber, 1944, pp. 28, 48, 53 ecc. e il suo Commento a Bava qamma, ed. Shlesinger, Jerusalem 1973, p. 330: «Chiunque faccia parte delle nazioni rette da norme religiose e serva la divinità sotto qualunque forma, e per quanto la sua credenza sia lontana dalla nostra, è come un perfetto figlio d’Israele (Jisra’el gamur) per quel che riguarda queste cose (ad esempio per quel che concerne la restituzione di un oggetto perduto). Vedi anche Rosh, Sanhedrin, VII, 3; Sulcan ‘arukh, Orach Chajjim, 156 § 1; Choshen Mishpat 425, 5;(6) Moshe Rivkes, Be’er ha-golà su quest’ultimo testo, la lunga nota shin; Avraham Sebi Einsenstadt, Pitche teshuvà, a Jore De’a. 147 e 152, la nota 2, dove si troveranno numerose referenze ai decisionisti moderni. A proposito dell’Avedat akum(7) che non bisognerebbe restituire vedi Be’er ha-golà su Chosen Mishpat 266, nota alef: questa regola non vale per i gentili di oggi che riconoscono il creatore del mondo, ecc. (cf. R. Josef Caro, Bet Josef a Tur, stesso paragrafo.
    3. «La salvezza eterna dei cristiani». Il più esclusivista dei nostri pensatori, Jehudà ha-Levi, scrive quanto segue: «Noi non neghiamo ad alcun uomo a qualunque comunità religiosa appartenga che vi sia una ricompensa per le buone opere da parte di Dio» Kuzari, I, § 111, testo arabo, p. 62);(8) e più avanti (III, § 21, testo arabo p. 174): «la ricompensa per la vostra glorificazione di Dio per voi non andrà perduta». Spingendosi molto più in là, Isaac Arama, scrivendo in Spagna nel XV secolo, alla vigilia dell'espulsione [degli ebrei], stima che, a meno di non rendere Dio iniquo, si deve intendere il termine «Israele, nella frase: Tutto Israele ha una parte nel!' 'olam ha-ba'.(9) nel senso di un giusto di tutte le nazioni» ('Aqedat Jizchaq, shemini, portico 60).
    4. Israele deve prendere esempio da cristiani e da musulmani, ecc. Appoggiandosi sul detto talmudico: «Voi non avete agito come i più retti [tra i non-ebrei] ma avete agito come i più depravati» (Talmud babilonese, Sanhedrin, 39b), Bachja Ibn Paquda giustifìca i suoi imprestiti dai filosofi e dagli asceti non ebrei, tanto più che i rabbi hanno dichiarato: «chiunque, tra le nazioni del mondo, pronuncia una parola saggia si chiama Chakham [saggio] (Talmud babilonese, Meghillà, 16a)>> (Chovot ha-levavot, Prefazione, testo arabo, p. 26; trad. ebraica, ed. Zifroni. p. 20).(10)
    5. Il cristianesimo e l'islam hanno contribuito a migliorare l'umanità. Si veda Maimonide, Guida [dei perplessi], III , c. 39, trad. Munk p. 221: «Noi vediamo oggi la maggior parte degli abitanti della terra glorificare [Dio] in comune accordo e benedirsi attraverso la sua memoria [di Abramo] ... »; Nachmanide,(11) 11 Torat ha-Shem temima, in Kitbè ha-Ramban, ed. Chavel, t. I, pp. 142-144: i popoli odierni hanno una migliore condotta morale e religiosa; Commento al Cantico dei Cantici (attribuito a Ramban), stessa edizione, t. II, pp. 502-503: tutte le nazioni riconoscono le parole della Torà; Ralbag, Milchamot, ed. Leipzig, p. 356 e Commento alla Torà, ed Venezia, p. 2: la Torà è oggi diffusa tra tutte le nazioni del mondo.
    6. Il cristianesimo e l'islam aprono la via del Messia. Vedi Jehudà ha-Lewi, Kuzari, IV, § 23, testo arabo pp. 264-266: «Dio ha anche un disegno segreto che ci riguarda, pari al disegno riservato al seme. Questo cade a terra e si trasforma; all'apparenza, si muta in terra, in acqua, in letame; l'osservatore immagina che non ne resti più alcuna traccia visibile. Ora, in realtà è lui a trasformare la terra e l'acqua dando loro la propria natura: gradualmente, egli trasforma gli elementi che rende sottili e in qualche modo simili a lui ... La forma del primo seme sospinge l'albero a produrre frutti simili a quelli da cui è stato estratto il seme. Lo stesso vale per la religione di Mosè. Per quanto esteriormente la respingono, tutte le religioni apparse dopo di essa sono in realtà delle trasformazioni di questa religione. Esse non fanno che aprire la strada e preparare il terreno per il Messia, oggetto delle nostre speranze, che è il frutto» (trad. Touati); vedi anche Maimonide, Mishne Torà, Hilkhot Melakhim, § (testo anch'esso censurato, ristabilito in base ai manoscritti della Biblioteca Nazionale) citato con qualche variante da Nachmanide, Torat ha-Shem temima, ed. Chavel, I, p. 144: il cristianesimo e l'islam «non fanno che aprire la via al Re-Messia e migliorare (taqqen) il mondo intero al fine di servire Dio di comune accordo ... ».
    per la commissione:
    gran rabbino CHARLES TOUATI
    Parigi, 23 maggio 1973.
  7. Commento. Il dossier, riprodotto qui sopra per esteso e nella stessa forma che aveva quando fu distribuito a suo tempo, rivolgendosi a dei rabbini era troppo conciso. Per essere ben compreso richiede dei chiarimenti. È sembrato perciò opportuno corredarlo di un commento.
    1. L'affermazione secondo cui un testo è stato censurato ed è sparito dalle nostre edizioni correnti va intesa, in linea generale, come una censura compiuta da cristiani per nulla perspicaci che hanno soppresso persino testi a loro favorevoli. Non si tratta affatto, come hanno ritenuto certi rabbini, di un'ipotetica censura ebraica sui nostri testi più venerati.
    2. In relazione al § 2. L'ebraismo ritiene che ai discendenti di Noè o Noachidi (vale a dire i gentili) sono stati prescritti sette precetti (Talmud babilonese, Sanhedrin 56ab).(12) Uno di essi proibisce l'idolatria, ma, secondo gli autori presi in considerazione dal documento, l'associare (shittuf) al vero Dio un'altra entità considerata come divina non è proibito ai Noachidi (per il resto vedi Enzjklopedia Talmudit [Enciclopedia Talmudica], t. III, 5° ed. corretta e ampliata, Jersualem 1981, p. 350. l° col.). Dunque per l'ebreo domandare a un cristiano di confermare una testimonianza con un giuramento non comporta il peccato di «far cadere un innocente» nell'idolatria anche se, giurando per Dio, il cristiano pensa a Gesù.
    3. In relazione al § 2. A proposito della restituzione di un oggetto perduto. Seconda la legislazione talmudica, l'obbligo biblico di restituire un oggetto perduto (Deuteronomio 22,1-3) non vale per un pagano; ma secondo le alte autorità rabbiniche citate in questo paragrafo, bisogna restituirlo ai cristiani. In generale, la legislazione talmudica contiene numerose discriminazioni tra ebrei e gentili, ma nell'insieme esse non si possono far valere contro i cristiani.
    4. In relazione al § 2. In luogo di Choshen Mishpat 425, § 5; Moshe Rivkes, ecc. leggere Moshe Rivkes a Choshen Mishpat ...
    5. In relazione al § 3. E un principio fondamentale dell'ebraismo che ogni buona azione sia ricompensata, qualunque sia la fede di chi l'ha compiuta. Testo rabbinico di base: «Dio non priva alcuna creatura della sua ricompensa» (Talmud babilonese, Pesachim 118a). Si citerà anche il famoso testo: «Chaside ummot ha-'olam jesh lahem cheleq la- 'olam ha-ba '», «i pii appartenenti alle nazioni del mondo avranno parte nel mondo avvenire» (Maimonide, Mishnè Torà, Teshuvà, III. 5, in base a Talmud babilonese Sanhedrin, 105a e Tosefta(13) Sandìhedrin, XlII, 2, ed. Zuckerrnandel, p. 434; Id., Commento alla Mishnà, Sanhedrin, X, 2; ed. bilingue di Kafih, p. 218).
    6. In relazione al § 4. In quello che hanno di buono, si dovrebbe prendere esempio da altre comunità umane. Si potrebbero citare altri testi talmudici: ad esempio, sono lodati il pudore dei persiani e il loro modo di stare a tavola in Talmud Babilonese, Berakhot, 8b, cf. Bereshit Rabbà,(14) ed. Theodor-Albeck, t. II, pp. 858-859, dove si troveranno tutti i paralleli e tutte le varianti.

NOTE

• Questo breve saggio è comparso sulla Revue des Études juives 160(2001) 3-4, luglio-dicembre 2001, 493-498. Si tratta, come ben chiarisce il paragrafo l, di un «dossier» sul modo in cui l'ebraismo percepisce il cristianesimo, redatto originariamente nel 1968. Il documento vero e proprio è riportato al paragrafo V; i paragrafi precedenti e quello seguente, redatti nel 2001, ne illustrano il contesto. La traduzione dal francese e tutte le note tranne la nota 7 sono a cura de Il Regno.

  1. Alla lettera «la [dottrina] che si trova esternamente». Il termine indica tutte le tradizioni dei maestri vissuti tra il l secolo a.C. e il Il d.C. non raccolte nella Mishnà, la codificazione ufficiale della Legge orale chiusa attorno al 200 d.C.
  2. Cf. 2Re 5,20.27.
  3. Tosafot, «completamenti», raccolte di spiegazioni e aggiunte medievali ai primi commenti del Talmud.
  4. «Non porre un ostacolo di fronte a un cieco».
  5. Visse nella Francia meridionale tra il 1249 e il 1316.
  6. Shulchan 'arukh, codice di leggi composto da Josef ben Efraim Caro (1488-1575); è articolato in quattro parti principali: 'Orach Cahajjim - prescrizioni per tutti i giorni, il sabato e i giorni festivi;Joreh De 'ah =Iegge rituale; 'Even ha- 'ezer= diritto matrimoniale; Chosen mishpat - diritto civile.
  7. Un oggetto perduto da un idolatra (nda).
  8. Trad. il. compiuta dal testo ebraico: YEHUDAH HALEWI, Il re dei Khazari, Bollati Boringhieri, Torino 1991.
  9. «Mondo avvenire»: cf. Mishnà, Sanhedrin X, I.
  10. Trad. it.: IRN PAQUDA, l doveri del cuore, a cura di A. OIOURAQUI, ed. il. a cura di G. RAVASI, San Paolo, Cinisello Balsamo 1988.
  11. Moshe ben Nachrnan, conosciuto anche come Nachmanide o Ramban, vissuto in Spagna tra il 1194 e il 1270.
  12. I sette precetti sono costituiti dai seguenti divieti: di bestemmiare, dell'idolatria, di unioni sessuali irregolari, di versare sangue, di rubare, di mangiare un membro strappato da un animale vivo, a cui aggiunge il comando di stabilire un diritto penale.
  13. Tosefta, «completamente», «aggiunta»: raccolta di materiale tradizionale rimasto esterno alla Mishnà.
  14. Trad. it.: 1/ trattato delle Benedizioni (Berakhot) del Talmud babilonese, Utet, Torino 1968 (risI. 1977); TEA, Milano 1992; Commento alla Genesi (Bereshit Rabbà), Utet, Torino 1978.

(da “Il regno – documenti 19/2002, 640-641)