EBRAISMO
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EBRAISMO PRINCIPI ISPIRATORI

EBRAISMO, UNA FEDELTÀ CHE CONTINUA

Il risorgere di quando in quando nel tempo del razzismo, più o meno virulento, contro gli ebrei, è una triste costante storica, che questo popolo giudica espressione del rifiuto da parte del mondo di Dio e di chi del monoteismo è testimone.
Se percorriamo la storia degli ebrei, troveremmo “una fedeltà” alla Bibbia ed alla legge (torah) indiscussa, anche quando questa è divenuta per loro motivo di rifiuto e di persecuzione.
Gli ebrei oggi nel mondo sono 12 milioni, di cui circa tre risiedono in Palestina. Dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme (70 d.C.) il loro luogo di convergenza religiosa è la Sinagoga, che non è un tempio, rimanendo essenzialmente una scuola della Parola.
  • Dio, elezione, legge
    L’ebraismo non è una dottrina: non ha mai conosciuto la formulazione di dogmi, né ha avuto un senato di dottori per deciderli. Al centro della religione c’è l’“azione”, che è storia di fedeltà al monoteismo, all’elezione di Dio per il bene dell’umanità, alla legge considerata la guida sicura per la vita.
    Il monoteismo è un’esperienza viva, che non ha bisogno di essere dimostrata, in quanto è strettamente legata al sorgere stesso di questo popolo, incaricato di lottare l’idolatria e di riportare il mondo a Dio nella pace (shalom). Per questo Dio lo ha chiamato, non certo perché migliore degli altri, ma per una missione universale. I mistici medievali affermavano che nella storia si sono rotti in mille pezzi i vasi che contenevano la “gloria di Dio” (shekhinah) ed è così emerso il demoniaco. È compito di questo popolo ristrutturare i vasi rotti eliminando così il male nel mondo. Guida a tale missione è la legge (torah), che è fonte di giustizia, base del cosmo e garanzia del suo ordine, modo concreto di vivere sotto la sovranità di Dio ed in comunione con lui.


  • La vita quotidiana
    Gli ebrei ortodossi vivono quotidianamente alla presenza di Dio (gli uomini come segno di essa si coprono il capo con il “kippah”) ed operano secondo il suo progetto, che è anche quello secondo il quale il mondo è stato fatto. Una serie di norme (613 regole) guida la loro vita, dalle regole di cucina, alle prescrizioni rituali, alla elargizione di doni, all’ospitalità. Il sabato e le feste sono un momento privilegiato per rivivere ed attualizzare gli avvenimenti della storia passata: l’amore alla legge, la liberazione dal male, la purificazione del cuore, la provvisorietà della vita presente. Sarebbe interessante rileggere le testimonianze degli ebrei che, cantando i salmi, andavano verso i forni crematori nazisti. Sappiamo come in essi siano periti sei milioni, per il progetto nazista di farli scomparire definitivamente dalla storia.


  • La terra ed il Messia
    Questo popolo, disperso fra le nazioni dal 70 d.C. in poi, è sopravvissuto e nel 1948 ha ottenuto finalmente una terra per decisione delle Nazioni Unite, che sentivano il rimorso storico di aver in qualche modo consentito il genocidio nazista. Successivamente ha dovuto difendersi dai popoli arabi, che si erano visti privati della terra, offerta come sede agli ebrei. Da allora cominciarono i contrasti politici non ancora sopiti, che di quando in quando ancor oggi atrocemente esplodono.
    Ci chiediamo: che cosa rappresenta per gli ebrei la terra? È semplicemente uno spazio geografico di autonomia oppure un valore religioso? L’attaccamento degli ebrei alla terra è molto di più di quello che gli altri popoli hanno per il loro luogo di origine e di appartenenza. La terra per loro è il dono della “promessa” di Dio, il luogo nel quale la loro missione di riappacificazione dovrebbe simbolicamente esprimersi. Separare perciò terra dalla loro identità religiosa è per gli ebrei impossibile. In essa inoltre si manifesterà alla fine dei tempi il Messia, uomo di Dio, incaricato a completare il progetto divino.
    Alcune correnti ebraiche sono inclini oggi a identificare il popolo ebraico stesso con il “messia”, soprattutto dopo il suo annientamento nei campi di sterminio e la sua rinascita con il Regno d’Israele.


  • Dialogo ebraico cristiano
    Per molti secoli la lotta agli ebrei (antisemitismo), con chiari motivi di interesse, si ammantò di termini religiosi: gli ebrei erano da ripudiare perché avevano rifiutato Cristo e lo avevano giudicato reo di morte.
    Il Concilio Vaticano II ci ha aiutato a fare al riguardo una seria auto-critica, facendoci osservare come gli ebrei siano i nostri “fratelli maggiori”, a noi uniti in Abramo, con noi riconciliati in Cristo, per noi linfa vitale essendo l’“olivo buono” nel quale siamo stati innestati.
    Il più recente documento su “Ebrei ed ebraismo” del 1985, scritto in applicazione del Concilio Vaticano II, parla di stretti legami esistenti fra cristianesimo ed ebraismo cosicché “non possono essere presentati (...) come due vie parallele di salvezza”. Camminiamo infatti insieme verso il Regno di Dio, perché “chi da Dio è stato scelto non può essere più ripudiato”. D’altra parte, come affermava già il Concilio, la causa della morte di Cristo sono i peccati di tutti e non gli ebrei e l’antisemitismo è contrario alla fede cristiana oltre ad essere crimine razzista.
    C’è una espressione piena di speranza di un rabbino vivente nei confronti del Messia: i cristiani - egli afferma - attendono la seconda venuta di Cristo; noi ebrei attendiamo colui che compirà i tempi messianici per opera di Dio. Non sappiamo se colui che i figli di Abramo in modo diverso attendono avrà lo stesso volto.
(G. Dal Ferro)